21 Novembre 2024
Familiari

Vivere accanto al malessere psichico

Quando il disturbo psichiatrico entra in famiglia difficilmente viene riconosciuto.

La malattia mentale è subdola, si maschera, si nasconde dietro a tratti caratteriali, a comportamenti che possono apparire capricci, a momenti di stanchezza.

Pensi che passerà, ma non passa!

Senso di colpa

La malattia mentale è difficile da diagnosticare e da riconoscere, è difficile esserne consapevoli e ti punta il dito contro.

Ti fa sentire in colpa.

Si sente in colpa la persona sofferente che si vede inadeguata, incapace di reagire. Si vede essa stessa come causa di dolore per gli altri.

Ma il senso di colpa colpisce anche chi le vive accanto, ed è insopportabile. Fatalmente si cercano mancanze e responsabilità, vere o presunte, che possono aver contribuito a creare una situazione di così profondo malessere. E ci si sente impotenti.

La diagnosi

A volte neppure il medico di famiglia è in grado di indirizzare il proprio assistito verso la struttura adatta per la sua patologia ed interviene con ricostituenti, integratori o inutili palliativi.

A volte, purtroppo, sono tentativi più o meno gravi di autolesionismo a conclamare la malattia psichica.

Quando alla malattia viene almeno dato un nome, si comincia a conoscerla, si impara a fronteggiarla. Si riesce, seppure con difficoltà, a separare la malattia dalla persona e quindi a mitigare in parte il senso di colpa.

La persona non è la sua malattia

Restano la difficoltà e la fatica di accettare un cambiamento così importante nella relazione affettiva.

Il disagio mentale, tra le altre sofferenze più prettamente fisiologiche, incide anche sul modo di percepire la realtà. E’ come un filtro che non lascia passare i colori e trasforma il mondo in una proiezione in bianco e nero.

La vita di coppia, in particolare, subisce un cambiamento radicale: è sempre più difficile programmare il futuro anche a breve termine, il mondo diventa un ambiente ancora più ostile, si perdono riferimenti che parevano incrollabili, ci si isola, lo stesso sentimento si offusca. Perfino i ricordi comuni producono emozioni contrastanti.

Seppure l’intensità del sentimento non cambia, i modi con cui si manifesta saranno necessariamente diversi.

Ma, quando il sentimento è forte, sarà insieme che si riuscirà ad affrontare e combattere la malattia.

La consapevolezza

Accanto al necessario trattamento farmacologico, il cui dosaggio minimo andrà ricercato con pazienza assieme al medico psichiatra, il protagonismo dell’utente e del familiare nel percorso di cura complessivo sarà fondamentale.

Conoscere la malattia, la sua sintomatologia, i segnali che ne preannunciano una crisi, l’uso dei farmaci ed i loro effetti collaterali sono strumenti che aiutano ad acquisire quella consapevolezza necessaria per costruire un proprio, personale cammino verso un benessere possibile.

Ma anche attraverso la partecipazione alle attività di recovery organizzate dall’area del fareassieme sia l’utente che il familiare possono confrontarsi con esperienze analoghe, acquisire competenze e valorizzare talenti verso il recupero di una propria autonomia.

In particolare, il coinvolgimento in programmi di sensibilizzazione (nelle scuole, nelle piazze, nelle comunità), offre l’opportunità, attraverso la testimonianza della propria esperienza, non solo di contribuire a combattere lo stigma sociale, ma anche di sentirsi utili, recuperare autostima e alleggerire il proprio fardello.

Guarigione e benessere

Nel mondo della salute mentale il termine “guarigione” ha spesso significati contrastanti.

L’obiettivo che ci si pone nell’affrontare il disagio psichico è più orientato verso il possibile recupero di uno stato accettabile di benessere.

La guarigione intesa come “ritorno alla condizione precedente” evoca spesso un percorso poco allettante verso una “normalità” tanto poco normale che difficilmente è definibile.

Prendere coscienza della propria patologia, acquisire gli strumenti per affrontarla nel migliore dei modi ed “inventarsi” una possibile differente traccia esistenziale possono, invece, permetterci di condividere un percorso di benessere.

Possibilmente sempre assieme.

Stefano Ricci

Nato a Siena nel 1950 è approdato nel '68 a Trento, dove si è laureato in Sociologia. Quella stagione di “contestazione globale” ha caratterizzato l'intera sua esistenza. Sempre impegnato in politica, nel Sindacato e nel volontariato si è poi ritrovato a misurarsi col mondo della salute mentale, anche qui da protagonista.

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