21 Novembre 2024
Familiari

La complessità della psiche

Recettori e neurotrasmettitori

Una zolletta di zucchero sulla lingua, attiva le papille gustative che ricevono il suo sapore. Ma non sono ancora in grado di percepire che sapore sia. Occorre che il sistema nervoso trasmetta lo stimolo al cervello dove, attraverso i neurotrasmettitori, l’informazione viene riconosciuta, incasellata e gli viene assegnato un nome: dolce.

Andando ancora oltre e confrontandosi con esperienze archiviate nella memoria, il cervello potrà giudicare se quel sapore è piacevole o stucchevole, se può essere ben digerito o fa male al metabolismo.

Emozioni e sentimenti

Questo, a prima vista, semplice meccanismo si replica ogni volta che una sollecitazione esterna entra in contatto col nostro organismo.

In questo modo distinguiamo i colori che transitano dagli occhi, i suoni che fanno vibrare i timpani, la consistenza di una superficie al tatto.

Ma in questo stesso modo vengono suscitati anche emozioni e sentimenti correlati alle esperienze sensoriali ed esistenziali.

Malfunzionamenti

Finché i neurotrasmettitori (che non sono altro che chimica) funzionano regolarmente, la zolletta di zucchero risulterà dolce, ma quando dovessero esserci delle alterazioni quella stessa zolletta potrebbe risultare amara o acidula.

Così come una situazione di tutta tranquillità potrebbe apparire come un pericolo imminente, o una piacevole relazione di vicinanza come un’insidiosa trappola. Oppure si può essere colti da sbalzi d’umore incontrollati e apparentemente ingiustificati.


Vedere e percepire

Stimoli e colori

Ma se la zolletta dovesse risultare amara, sarà un problema delle papille o del cervello?

Un daltonico, per esempio, non distingue correttamente i colori a causa di un malfunzionamento dei recettori oculari. Mentre una persona che soffre di depressione, pure se “vede” distintamente la luce del sole, “vive” nel buio.

Il suo mondo è grigio non a causa di un problema alla retina, ma perché i neurotrasmettitori cerebrali non sono in grado di riconoscere la tavolozza della vita!

Complessità

Proviamo ora ad ampliare i nostri orizzonti ed uscire dalla metafora della zolletta. Ci accorgeremo di quanto la realtà sia più complessa.

Una stessa informazione che colpisce l’opinione pubblica, come la guerra in Ucraina o la crisi ambientale ed i cambiamenti climatici, viene percepita dalle persone in modo differente.

C’è chi (come dargli torto!) viene colto dall’ansia e si sente impotente. Chi riesce a tradurre la preoccupazione in scelte responsabili e conseguenti. Altri, forse più fatalisti, pensano che in qualche modo verrà trovata una soluzione e continuano a vivere tranquilli.

Coscienza e sensibilità

Ciò dipende da meccanismi ancora più complessi di quelli attivati dai neurotrasmettitori. In questi casi entra in gioco la coscienza di ognuno.

Una coscienza che si forma certamente attraverso le esperienze della vita, gli insegnamenti ricevuti e selezionati, la cultura di appartenenza, ma che trova un substrato identitario anche nella sensibilità personale.

Indagare la “sensibilità” è compito di quale scienza? La psichiatria o la neurologia; la psicologia o, addirittura, la metafisica e il trascendente?

La sensibilità personale, difficilmente definibile, ha a che fare con l’indole, il carattere, forse con l’anima. Qualcosa di intimo ed innato unito ad un’elaborazione esperienziale che passa comunque attraverso una griglia interpretativa di riferimenti del tutto personali.


Il percorso della consapevolezza

Discipline e approcci diversi

I profani della salute mentale o chi la vive “solo” in qualità di utente non sanno e non possono entrare nel merito delle terapie più idonee, ma possono benissimo intuire la complessità che il disagio psichico comporta.

Una complessità che, unendosi alla molteplicità di approcci possibili, può creare un senso di smarrimento a pazienti già di per sé fragili ed ansiosi.

Le variegate scuole di pensiero, spesso tra loro non comunicanti, offrono diverse tipologie di rimedi senza neppure tentare la ricerca di un punto di sintesi.

Consapevolezza e protagonismo

In questa giungla complicata, l’utente vorrebbe potersi districare meglio, dopo tutto si tratta del proprio cervello!

Vorrebbe capire fino a che punto l’approccio incentrato sui farmaci sia davvero il più efficace e quanto i percorsi di recupero delle proprie risorse possano affiancare, se non sostituire, la terapia chimica.

Ma vorrebbe anche conoscere le cause psichiche, neurologiche, caratteriali, ambientali o ereditarie che possono aver concorso a determinare la sua patologia.

Per essere sempre più consapevole e protagonista del proprio percorso, avrebbe bisogno di potersi confrontare con un quadro di riferimenti così eterogeneo e contraddittorio che, altrimenti, risulterebbe fonte ulteriore di inquietudine.


Oltre gli steccati

Confronto e consulti

Dal suo punto di vista, specie quando le crisi si protraggono, potrebbe essere utile partecipare attivamente ad un consulto tra professionisti di diverse discipline e scuole di pensiero. Non tanto per ricercare una sintesi forse impossibile, ma per valutare al più alto livello possibile la strada più efficace per ogni singolo caso.

L’esperienza ci insegna che la psichiatria non è una scienza esatta: gli stessi sintomi riscontrati in persone diverse non rispondono quasi mai in egual maniera alla medesima terapia. Ogni caso è unico e non standardizzabile.

Non solo, ma non è neppure detto che la stessa persona, in fasi diverse della propria patologia, abbia gli stessi risultati se trattata con gli stessi rimedi.

Risposte organizzative

Risulta quindi auspicabile che il Servizio di salute mentale organizzi al proprio interno uno spazio-laboratorio in cui, superando anacronistici steccati, le idee, le esperienze, le inevitabili sperimentazioni, le diverse teorie terapeutiche si confrontino apertamente nella ricerca di risposte personalizzate.

Un confronto sistematico andrebbe esteso anche ad altre branchie della medicina (dietologia, sessuologia, neurologia, endocrinologia, ecc.) perché la persona sia davvero al centro di un intervento complessivo.

Ma anche per affrontare in modo sempre più puntuale e professionale i pesanti effetti collaterali derivanti dall’uso degli psicofarmaci.

Effetti collaterali che, oltre ad accrescere il malessere dell’utente, rappresentano spesso motivi di interruzione della terapia, con possibili gravi conseguenze.

Stefano Ricci

Nato a Siena nel 1950 è approdato nel '68 a Trento, dove si è laureato in Sociologia. Quella stagione di “contestazione globale” ha caratterizzato l'intera sua esistenza. Sempre impegnato in politica, nel Sindacato e nel volontariato si è poi ritrovato a misurarsi col mondo della salute mentale, anche qui da protagonista.

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