La sensibilizzazione sul disagio mentale nelle scuole
Tra le iniziative contro lo stigma e il pregiudizio cui un Servizio di salute mentale dovrebbe necessariamente guardare (coinvolgendo utenti e familiari), una delle più importanti riguarda l’attività di sensibilizzazione nelle scuole, dove sarà l’utente stesso il primo a prendere le distanze dalla patologia ed a ritrovare la propria identità di cittadino nella comunità.
E’ infatti estremamente importante che siano gli stessi utenti e familiari a raccontare i loro vissuti, sia per catalizzare maggiormente l’attenzione degli studenti che per dimostrare d’aver superato lo stigma che spinge a non esporsi e gli esiti di un percorso di cura riuscito.
La testimonianza di Maria Elena
Mia madre, ogni tanto, mi chiedeva: “Ma come fai a parlare in pubblico della tua storia, della tua sofferenza? A cosa serve?”
“Serve, mamma, serve”.
Ho militato per una decina d’anni nel gruppo di sensibilizzazione “Giù la maschera”. Il nome era tutto un programma: volevamo scoprirci davanti al pubblico (principalmente composto da studenti delle scuole superiori) gettare la nostra maschera e raccontare la nostra storia di dolore e spesso di guarigione.
Perché? Perché solo raccontando di noi riuscivamo a far capire cosa voleva dire soffrire nell’anima, lottare, curarsi e guarire. In modo credibile e non solo in teoria.
E quando raccontavamo la nostra storia sentivamo un silenzio perfetto tra gli studenti. Quel silenzio, quel bisogno di capire era così difficile ottenerlo quando ero dall’altra parte della cattedra parlando di letteratura tedesca…
Quante volte ho finto di stare bene, ho risposto “Tutto a posto”. E quando si parlava di vacanze, di cinema, di vita normale io mi sentivo esclusa dalle esperienze umane e divertenti che gli altri avevano il privilegio di vivere.
C’era sempre un nodo nello stomaco, un dolore oscuro che impediva di far uscire le parole e le gioie della vita degli altri.
Sforzarsi di parlare agli studenti, di mettere insieme i pezzi e raccontare la nostra sofferenza serviva ai ragazzi perché sentivano parlare di stigma e pregiudizio ma era utile anche per noi. Trovare le parole per dire quello che avevamo dentro e ci angustiava era una sorta di terapia, una terapia collettiva.
Gli studenti, dopo aver ascoltato in religioso silenzio, ci ringraziavano, qualcuno si asciugava una lacrima, un’altra apriva il suo cuore e raccontava la storia della sua famiglia.
Qualche volta incontro qualcuno di loro per strada che mi saluta. Io non conosco il suo nome ma la faccia la riconosco e mi metto a sorridere. La mia storia aveva fatto breccia, un pregiudizio era stato abbattuto.
Oltre alla possibilità di poter avvicinarsi all’idea che gli studenti hanno della malattia mentale, le finalità di iniziative come queste, che coinvolgono le classi delle scuole superiori, sono quelle di offrire informazioni corrette sul piano psico-patologico, sui percorsi di cura e sulla rete dei Servizi esistenti sul territorio.
Gli obiettivi della sensibilizzazione sulla salute mentale nelle scuole
Possiamo quindi elencare tra gli obiettivi principali dei progetti di sensibilizzazione nelle scuole quelli di:
- Informare, sensibilizzare ed educare sui temi della salute mentale nel contesto sociale e territoriale, aumentando le conoscenze e favorendo ulteriori progetti di promozione sul tema
- Ridurre lo stigma nei confronti del disagio psichico
- Favorire i fattori protettivi e la gestione dello stress
- Rendere i Servizi di salute mentale visibili, accessibili e ben accetti
Gli interventi nelle scuole, oltre a permettere di far sorgere domande, di dare ascolto ed informare sui temi della salute mentale, aumentano la consapevolezza dei propri segnali di difficoltà assumendo anche valore dal punto di vista della prevenzione, nella misura in cui si abbassa il pregiudizio nel richiedere aiuto psicologico o psichiatrico nelle fasi iniziali di un disagio che potrà evolversi in vera e propria patologia.
La testimonianza di Stefano
La prima volta che mi sono “tolto la maschera” di fronte ad una scolaresca di quarta superiore dell’Istituto d’Arte, ho capito la grande utilità di questi incontri. Dopo aver raccontato, seguito con rispettoso silenzio, la vera sofferenza di una vita di coppia toccata dal disagio mentale e l’amore che nonostante tutto la cementa, una ragazza con gli occhi lucidi ha chiesto il permesso di abbracciarmi.
Aver suscitato e insieme vissuto quell’emozione è stato come un raggio di sole nella nebbia. Le nostre esperienze di familiari e di utenti, per quanto possano essere dure, hanno il potere, tra l’altro, di riportare il senso di umanità nelle relazioni. Renderle autentiche, liberare il sentimento.
Non è mai solo una pur utile informazione sulla salute mentale.