Lettera di una mamma alle istituzioni
Sono una mamma che da anni si trova ad affrontare la prova più spietata della sua vita: la patologia psichiatrica del proprio figlio che ha oggi 29 anni, ma il cui calvario è iniziato ben 10 anni fa.
Una malattia subdola quella che lo ha colpito, che si è impossessata del suo cervello e che senza preavviso lo coglie, gli stravolge il volto, gli domina parole ed azioni, al punto tale che io stessa, come madre, non riesco a riconoscerlo. Emblematica, purtroppo non unica questa mia narrazione: umana, sanitaria e legislativa insieme.
Perché è certamente difficile, per chi non è mai stato coinvolto, immaginare cosa avviene in una famiglia al primo insorgere di un grave disturbo psichiatrico in un congiunto, in un figlio oltremodo. L’ho vissuto sulla mia pelle, lo sto vivendo, so cosa si prova.
Di fronte alla sua sofferenza, ci si sente disperatamente impotenti; catapultati improvvisamente in un’angoscia assoluta ed impreparati nel capirne natura ed immaginarne soluzioni.
Rimane l’alternativa di un’autocosciente inadeguatezza, aggravata dal coinvolgimento emotivo. Si è invasi dalla paura di non riuscire ad affrontare le eventuali crisi, di cosa può succedere al malato e agli altri congiunti. A ciò si aggiunge molto spesso un senso di vergogna e di colpa, quasi che il disagio mentale sia causato dalla famiglia stessa. Purtroppo in Italia non siamo ancora riusciti a superare i pregiudizi sulla malattia psichiatrica, che dovrebbe essere considerata come qualsiasi altra, evitando di segnare con lo stigma sociale il malato e i suoi familiari.
La conseguenza dell’intero quadro è un pesantissimo senso di solitudine e di estremo isolamento, che inducono la famiglia a chiudersi in sé, creando così un ambiente ad elevata temperatura emotiva, assolutamente negativo per il malato. Un malato ossessionato sovente da paure, allucinazioni e fantasie che finiscono per annullare la sua personalità e che talvolta sfociano in rabbia incontrollata e violenta, oppure colpito da un’apatia totale che lo porta a rifiutare anche le più elementari norme igieniche e alimentari.
Nelle situazioni più impegnative, come nel mio caso specifico, la convivenza sofferta, l’assistere all’avanzare della malattia e alla perdita progressiva delle capacità cognitive e relazionali di mio figlio causano uno stato continuativo di stress tale da minare le possibilità reattive della famiglia stessa.
Ecco perché andrebbe sostenuta la necessità di non lasciare sole queste famiglie, che debbono affrontare problemi a cui non sono preparate.
Per questo vanno richiamati tutti gli attori competenti, gli organi legislativi e amministrativi dello Stato e gli enti pubblici locali a modificare la legislazione vigente in materia di salute mentale. Su questa implementazione normativa necessaria richiamo sommessamente ma con decisione ad una iniziativa politica forte non più dilazionabile.
Credo che l’attenzione alla dimensione pubblica di tutela delle fasce più deboli e della malattia mentale debba essere posta al centro, non ai margini, della discussione collettiva. I risultati della legge 833/78 sull’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale sono innegabili perché hanno portato l’Italia in vetta alle statistiche mondiali per l’aumento dell’aspettativa di vita, per la riduzione drastica dei morti ecc. Lo stesso processo purtroppo non è avvenuto per la legge 180/78 Basaglia.
Se ho una grossa ferita aperta so dove devo andare per avere assistenza e nel caso di emergenza, sono le stesse strutture sanitarie che mi raggiungono. Se il problema è di natura mentale, tutta questa conoscenza e attenzione scompaiono. Perché?
Siamo, forse, diventati tutti persone che possono avere degli atteggiamenti NON identificabili con la follia e il disagio mentale, anche quando questi arrivano a danneggiare la collettività, neanche quando questi tratti di alternativa alla normalità mettono i familiari in una condizione di sequestrati in casa?
Quando capisci che un tuo caro, nel mio caso mio FIGLIO, ha un problema di relazione con il MONDO che lo circonda (generando problemi, anche drammatici, per sé e per i suoi cari) non trovi NESSUNO, deputato alla “certificazione” di questo evidente stato di malattia e alle cure che ne dovrebbero derivare. Tutti pensano/dicono è matta/to, ma nessuno pensa che sia opportuno intervenire: perché non è un suo compito? Perché è un diritto aggirarsi per il mondo in evidente stato confusionale in barba ad ogni concetto di dignità umana? Perché?
Non ci sono le normative costituzionali per gli operatori del CSM, un genitore o un famigliare di primo grado non può decidere nulla se il figlio è maggiorenne.
Una cosa che mi sento di dire a gran voce COME MAMMA ai responsabili dei Centri di Igiene mentale e a tutti voi che potete intervenire, è che è la famiglia, che già si fa carico di questa gravosa situazione nel quotidiano, a dover convincere una comunità ad accogliere il proprio caro malato, in quanto – parlo almeno per mio figlio – benché maggiorenne, non è in grado di intendere la gravità dei suoi comportamenti e stati d’animo se così si possono definire.
Ritengo, a mio modesto parere, che dobbiamo essere coinvolti noi famigliari in primo luogo per stabilire insieme ai medici cosa può essere necessario per la sua salute mentale e benessere.
Il tema della integrazione è parte imprescindibile e non residuale della cura del paziente psichiatrico.
Ci siamo purtroppo abituati a vedere i “matti” in giro e non più confinati in brutti e sporchi manicomi, ma poco o nulla (in alcune regioni) è stato fatto per sostituirli, e soprattutto per sostenere e dare sollievo alle famiglie che quotidianamente condividono i loro momenti difficili e le conseguenze.
Prima i malati mentali venivano inseriti in luoghi più simili a prigioni che a luoghi di cura e ora, invece, sono a totale carico dei familiari che, controllori, diventano essi stessi reclusi.
Perché si ammalano interi nuclei familiari.
Faccio pertanto un’esplicita richiesta alle istituzioni e agli operatori del settore di un’adeguata assistenza ai malati psichiatrici e di un doveroso sostegno ai loro familiari, lasciati troppo spesso soli in un’inconsolabile sofferenza, dovendo affrontare problemi a cui non sono preparati.
C’è bisogno di una rimeditazione profonda e alternativa, che consenta di invertire l’inerzia attuale e che lo si faccia in maniera URGENTE!!!
Intendo in particolare la rimozione di una modalità che caratterizza e qualifica negativamente tutto questo universo: ci si aspetta che il malato si presenti di sua iniziativa e si faccia curare, come se il disagio psichico fosse una carie qualsiasi!
Dagli psichiatri non puoi portare il malato perché ci deve andare con le proprie gambe.
Come genitore voglio ribadire che la malattia mentale è infima, non si vede, lavora indisturbata distruggendo tutti i legami familiari. Come tutti sanno il “malato psichico” non sa di esserlo. Quindi non è lui a dover andare dal dottore, ma il dottore a dover andare da lui. Sempre se si ha il coraggio, l’intelligenza e la grazia di considerare il “matto” un fratello in difficoltà. Mi sono convinta che solo questo cambio di prospettiva, al di là delle complessità e resistenze che può comportare, possa segnare un progresso di civiltà e definire al meglio le intenzioni della legge 180.
Cari Paolo e Andrea, per la prima volta come familiare, dopo 13 anni di cammino nel buio, lettere inviate per sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica sui percorsi da intraprendere per un Servizio di salute mentale ideale… leggendo il libro “Psichiatria da protagonisti” e ascoltandovi nella presentazione di ieri sera ho osservato con enorme piacere che i miei pensieri sono finalmente diventati realtà.
Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio.
Sortirne tutti insieme è politica.
Sortirne da soli è avarizia.
Grazie di cuore!
Condivido tutto e mi associo alla lettera della mamma rivolta alle istituzioni in maniera forte e decisa affinché si possa nel breve tempo porre rimedio all’attuale situazione insopportabile per le famiglie lasciate sole di fronte all’impossibilità di agire e di individuare un percorso che aiuti e sollevi entrambi le parti, il paziente spesso tanto caro e i familiari.
Sono a disposizione per ogni utilità al riguardo e sempre desiderosa di ricevere riscontri positivi, di cui noi tutti ne abbiamo tanto tanto bisogno!
Grazie Alfreda per la tua disponibilità, c’è ancora tanto da fare. Molte volte e in molte parti d’Italia, ci sono luoghi dove il sistema non c’è o ci sono solo servizi minimali oppure ospedalieri. So di casi in cui i pazienti vogliono ricoverarsi, ma non trovano un riscontro da parte del sistema sanitario. Siamo in una situazione drammatica, perché la politica non risponde su questo tema, speriamo in un futuro migliore.
Un abbraccio Nadia.
Ho letto la lettera non il libro….concordo avendo io stessa un figlio e nel mio caso essendo stata sempre presente, l’unica sempre presente,…quasi mai informata se non dal “matto”…. è con estremo dolore e sofferenza che ad oggi, dopo 5 anni dal riconoscimento del problema psichico di mio figlio che continuo ad annaspare in un mare di incoerenza ed ad improvvisarmi esperta quando c’è bisogno d’agire pur non avendo ancora accettato la malattia ed essere una semplice mamma a stento diplomata (36/60…ai tempi)…..che dire…che la pazienza ci aiuti!!!
Grazie Martina per la tua disponibilità, c’è ancora tanto da fare. Molte volte e in molte parti d’Italia, ci sono luoghi dove il sistema non c’è o ci sono solo servizi minimali oppure ospedalieri. So di casi in cui i pazienti vogliono ricoverarsi, ma non trovano un riscontro da parte del sistema sanitario. Siamo in una situazione drammatica, perché la politica non risponde su questo tema, speriamo in un futuro migliore.
Un abbraccio Nadia.