Storia di una rinascita
Mi chiamo Francesco, ho 47 anni e attualmente lavoro in un’ industria alimentare con varie mansioni.
La mia infanzia è stata abbastanza serena, ricordo che venivano a giocare a casa mia degli amichetti e insieme andavamo alla sagra.
Quando avevo circa 10 anni però mio padre ha iniziato a bere e conseguentemente a trascurare sempre di più la sua famiglia. Ricordo che il suo carattere peggiorava sempre di più.
In terza media ho perso un anno e successivamente sono stato bullizzato dai compagni di scuola. Negli anni successivi sono rimasto a casa da solo senza praticamente avere amici fino ai 18 anni per poi trovare il coraggio di uscire e di farmene finalmente alcuni, anche se la gente mi aveva ormai “etichettato”.
Dopo il diploma non sono riuscito a trovare subito lavoro, sono andato in depressione e sono finito in ospedale.
In quel periodo in casa con mio padre era un inferno e questo mi ha impedito di trovare un lavoro stabile. Nel 2001 avevo comunque trovato un lavoro grazie al fatto che avevo iniziato a frequentare la casa di mia zia Giovanna, riuscendo così a trovare la necessaria serenità.
Poi nel 2003, tra l’altro dopo che per 7 mesi andavo ogni giorno a lavorare senza che mi arrivasse a casa un centesimo per un mai chiarito problema burocratico, mi hanno lasciato a casa con motivazioni palesemente false e senza minimamente seguire la procedura (mai avuto un richiamo scritto e neanche un incontro o un qualcosa che segnalasse problemi di rendimento) e senza (ribadisco) nessuna reale motivazione.
Alla fine sono finito in comunità, dove sono stato trattato anche abbastanza male (con la direttrice che praticamente ogni giorno mi chiamava in guardiola e mi riprendeva, anche senza una reale motivazione) e ne sono uscito (quasi miracolosamente) 4 anni dopo con il morale a terra e l’autostima distrutta, oltre al fatto che tutto il paese sapeva che ero stato in “manicomio” e quindi la mia immagine era stata ulteriormente danneggiata, cosa che poi porterà anche a spiacevoli fraintendimenti.
Fortunatamente mio padre aveva però smesso di bere e io ho iniziato allora gradualmente (e non solo metaforicamente) a rialzare la testa. Ho cominciato a lavorare in Borsa Lavoro in una falegnameria del mio paese, mi era stata più volte proposta l’assunzione ma io avevo sempre rifiutato perché a volte il cambiamento fa paura e così quando c’è stato un grosso calo di lavoro (tutti gli altri operai erano assunti a tempo indeterminato) sono stato “lasciato a casa”.
Successivamente ho lavorato (sempre come tirocinante) in un canile finché, grazie ad alcune persone che mi hanno aiutato (una bravissima psicologa e un amico giardiniere che mi chiamava quando aveva bisogno), ho riguadagnato fiducia in me stesso e mi sono proposto di cercarmi un lavoro vero, inizialmente recandomi al Centro per l’Impiego e poi rivolgendomi alle agenzie interinali.
Ho iniziato a lavorare dapprima con contratti a termine per picchi di lavoro e poi cercando una posizione lavorativa stabile, incontrando e superando difficoltà e diffidenze che la mia situazione inevitabilmente comportava. Dopo 17 anni, ho avuto anche la soddisfazione di potermi recare al CAF e firmare che non avevo più diritto all’assegno di invalidità.
Negli ultimi anni ho anche riscoperto la mia passione per le rose e attualmente ho messo insieme una collezione di circa 200 esemplari, di tutte le tipologie e di tutti i colori, accomunate solo dal fatto di avere quasi tutte uno sviluppo piuttosto contenuto e quindi facili da “accudire”. Il mio sogno è ancora quello di lavorare in un vivaio e magari aprirne uno io, visto che sono proprietario di un pezzo di terra e il materiale da moltiplicazione non mi mancherebbe di certo.
Ma soprattutto vorrei tanto avere l’occasione di raccontare la mia storia aiutando tutti quelli che, come me, pensano di non avere più speranza. La vita mi ha insegnato che non è mai troppo tardi e che tutto sta a trovare le persone giuste e a non scoraggiarsi mai perché provando e riprovando prima o poi tutti ce la possono fare!