Un attacco di panico… a Natale!
Sto attraversando la strada con il mio cane Giallo quando la macchina bianca che incrocio mi suona. Mi volto guardando interrogativa l’autista, una bella donna di qualche anno più di me, una donna di mezza età dunque, con un berretto identico al mio calato sulla fronte.
Cosa c’è, chiedo stizzita.
Ho un attacco di panico, sto male, risponde lei abbassando il finestrino.
Ok, stai tranquilla, hai di fronte masterchef attacchi di panico, dottorata ad honorem in disagio mentale.
Lei ha gli occhi sbarrati, letteralmente non sa cosa fare. Le propongo di accostare la macchina e con tutta la dolcezza che ho le chiedo come si chiama, dove abita, se prende farmaci, che se per caso ne prende ho roba buona da passarle. Lei si divora le dita, ha i pollici completamente rovinati, sangue che cola mentre morde su questo viso bello, sofferto, elegante.
Ma è successo qualcosa? Azzardo.
Sì. Il Natale. Voglio ammazzarmi.
Opplà. Fino all’attacco di panico ci sono, ma se iniziamo a parlare di suicidio stella mia io ti porto al Centro di Salute Mentale.
Con molto garbo provo a dirglielo, anche se io sono vestita come una che porta il cane al parco nella neve e ha gli stessi pantaloni da una settimana. Lei, come dire…ha uno stile diverso.
Mentre sono lì che le spiego che potrei accompagnarla, e intanto cerco di figurarmi come, col fango, e la neve, e Giallo che per dire la sua si è già appoggiato due volte con le zampe zozze alla portiera lasciando due gran strisciate, lei sgancia la bomba.
Mi uccidi? Chiede.
Mantengo la calma anche se davvero la faccenda si complica, provo a chiederle se ha qualcuno, e passo dal banale “hai un marito, un compagno?” (proprio io) un fratello, una sorella (proprio io) e no, non ha nessuno.
Ah beh anche io al posto suo risponderei così, ma tant’è. Ah, allora forse capisci perché questo Natale fa così male.
Parliamo un po’, cerco di spostare l’attenzione, è l’ultima spiaggia poi tocca salire in macchina col fango e gli aghi di pino, e a un certo punto lei letteralmente rinsavisce. Cambia faccia, smette di divorarsi le mani, sorride e mi dice “è passato, davvero”. E io lo vedo che è passato, non è questione di fidarsi o meno, certe cose si sentono e basta.
“Vado a casa, scusa se ti ho fatto spaventare”.
Ma va, figurati, non mi hai spaventato. Spero che possa solo essere un Natale migliore di oggi, sempre.
E anche questo è Natale.